venerdì 23 luglio 2010

Buio accecante

Mi hanno chiuso al buio. Mi hanno tenuto compagnia, per trent'anni, solo i contorni frastagliati della pietra. Roccia viva dove hanno scavato il buco in cui sono stato gettato. Sopra di me sbarre arruginite. Sotto solo un foro per far percolare gli escrementi. Ogni tanto gettano del cibo, ogni tanto una secchiata d'acqua caldissima, che mi ustiona la pelle, per lavare via l'odore di fogna.
Mi urlano di spostarmi. E ridono.

Non ho conosciuto la mia colpa. Non mi hanno detto niente, a parte che ero pericoloso per la società e che non potevo capirne il motivo. Nel buio solo urla disperate, singhiozzi, voci spezzate che sussurravano nenie incomprensibili e discorsi senza senso, gli schemi logici frantumati dalla disperazione...

Conosco solo i contorni ruvidi della pietra che in questi anni mi ha separato dal mondo esterno.

Poi, dopo trent'anni. Un fascio di luce. Rumore metallico ed una pesante corda che sa di muffa calata nelle tenebre.
'Aggrappati, sei libero.'
Trascinato su, contro la gravità. La luce puntata sulla mia faccia mi causa un dolore indicibile. Mi hanno lavato, sbarbato e vestito di tutto punto. Pian piano mi sono riabituato alla luce. Una donna vestita bene con un buon profumo mi dice che il mio caso è stato riaperto ed esaminato. E' stata condotta un'inchiesta negli anni. Sono emersi nuovi indizi. Un'altro colpevole prenderà il mio posto. Me lo indicano mentre lo conducono alla grotta.
'E' innocente!' Grido. Bastava guardare la paura nei suoi occhi per capirlo.
'Non dica sciocchezze. Evidentemente è in stato confusionale. Capiamo il suo disagio.'
Non ho la forza di replicare. Mi portano fuori. Mi fanno sedere su una macchina.
'Sarà contento di rivedere la sua famiglia!'

Sono seduto al tavolo con dei bambini che non conosco. Una donna che non conosco, molto più giovane di me, mi posa delle pietanze squisite sul piatto. Mi chiama 'tesoro', 'caro',... si vede che finge. Non si spreca neanche a recitare. I bambini hanno l'aria interrogativa, si stanno chiedendo cosa stia succedendo, ma provano a recitare anche loro. Recitano meglio della donna. Mi chiamano 'papà'.

Non riesco a dormire. La donna che sta con me voleva fare l'amore ma non ci sono riuscito. Penso al tizio che è finito nel mio stesso buco nella roccia. Gli stessi contorni frastagliati, duri e scivolosi appartengono a lui ora.

Il giorno dopo faccio una passeggiata nel quartiere. La gente mi saluta amichevolmente con un nome che non ricordo essere mio. Sorrido a fatica. Questo mondo non mi appartiene. E' falso! Voglio giustizia. Indago. Chiedo. Solo per sentirmi rispondere un coro di silenzio. Ci deve essere una falla. Ci deve essere un modo per distruggere quella prigione di roccia e liberare tutte quelle anime intrappolate...

Studio. Divoro libri nell'umidità della cantina. Passano i mesi. Cosa sono i mesi in confronto a trent'anni. Compro di nascosto materiale innocuo. Lo porto in cantina. Mischio prodotti chimici. Ottengo reagenti esplosivi. Basterebbe una scintilla e l'isolato salterebbe per aria. Collego i cavi ad un piccolo timer. Collego il detonatore all'esplosivo, lo imposto tra ventiquattro ore. Ricopro tutto di cellophane. Spalmo il tutto di olio per farlo scivolare meglio. Non è tanto grande. Riesco ad ingoiare tutto tra i conati, ma senza vomitare. Senza rovinare niente. Sento ticchettare dentro di me. L'esplosione dovrebbe essere sufficente a far crollare la caverna.

Ho meno di ventiquattro ore.

Prendo il fucile che ho comprato di contrabbando. Nuovo di zecca. Spara pallettoni così grossi da trapassare un'albero. E' carico.

Chiamo mia moglie di sopra. 'Tesoro? Puoi venire giù con i bambini? Papà deve farvi vedere una cosa!' Sento i piccoli passi nel corridoio. Mia moglie apre la porta, dice ai piccoli 'Attenti per le scale!' e loro corrono giù mentre li tengo sotto tiro.

Tranquille anime intrappolate nella pietra. Tra meno di un giorno sarò li e sarà tutto finito. Cos'è un giorno rispetto a trent'anni?

mercoledì 7 luglio 2010

Notte padovana

La notte è scesa sulla città, ma come al solito non ho sonno. Mi accendo una cicca, l'accendino illumina debolmente la stanza avvolta nella penombra ma per me è un bagliore accecante. Dura solo un momento, poi il tabacco comincia la sua combustione.
Mi affaccio alla finestra, la luce è spenta, sono identificabile solo dal lumino arancione della brace all'altro capo della sigaretta. Ci sono persone sotto la mia finestra, vestite alla moda, parlano una lingua che non conosco in modo molto chiassoso. Sono spacciatori, credo. Alcuni di loro li conosco. Durante il giorno frequentano il bar dove andiamo anche noi.

Per la maggior partesono nordafricani e, se chiedi un po' in giro, ti dicono che sono loro la causa della delinquenza e della decadenza della nostra città. Dietro di loro c'è un muro, i graffiti sono scritti in italiano.
Sputano per terra e sembra che litighino continuamente. In realtà mi hanno spiegato che è il loro modo di fare normale.

Dall'inizio dela via si sente un motore che ruggisce. Si vedono due fari che puntano gli abitanti della strada. Si ferma una macchina. Una Mercedes, mi pare. Uno spacciatore si avvicina alla macchina, parla attraverso il finestrino abbassato al conducente, ma la prospettiva mi impedisce di vedere cosa fanno. La macchina riparte e la discussione animata, ricomincia.

Prima che la cicca sia spenta si ferma un'altra macchina. Una BMW mi pare. Stessa scena, due persone diverse. La macchina riparte.
Apro il firgo e prendo una birra.

Mi riaffaccio alla finestra.
Spengo la cicca si ferma un'altra macchina. Una Porsche, mi pare. Stessa scena...

Tre macchine italiane. Ma la colpa del degrado è degli stranieri. Non mi è ancora venuto sonno. Penso a quella legge del mercato secondo cui l'offerta è generata dalla domanda. Apro la birra e bevo un sorso. Buona.

sabato 3 luglio 2010

Notte bassanese

Ieri notte abbiamo avuto un incontro interessante. Sono incontri casuali, hanno un sapore diverso dal solito perchè ti ritrovi a condividere molte cose con una persona che non sai se rivedrai mai più.

Eppure Bassano del Grappa ha 'solo' 40 mila abitanti.

Tornando a piedi dal centro mi diverto a guardare, sotto una nuova luce, le scritte sui muri dei palazzi abbandonati e penso a dove potrebbe essere adesso il grafomane. A dove sono quelli che lavoravano o abitavano negli stabili abbandonati e scrostati.

Poi faccio una piccola deviazione e passo per il parchetto dietro casa. Il parchetto è stato costruito tra dei palazzi di un nuovo quartiere residenziale. Cinque o sei palazzi da otto o dieci appartamenti ciascuno. La maggior parte mai abitati.
E allora penso, chi ci verrà ad abitare?
Poi mi chiedo, ci verrà mai ad abitare qualcuno?
Si, perchè qua la specuazione edilizia ci concede anche questi dubbi. Secondo me è di una tristezza disarmante...